9 settembre 2019
Itadakimasu. che non si può tradurre con buon appetito ma come un atto di gratitudine verso il cibo che si sta ricevendo.
Sono rientrato dal mio viaggio e scampato il tifone qualcosa da raccontarvi ancora ce l’ho.
Ad Osaka un caro amico giorni fa mi ha portato -downtown- come dice lui, nel quartiere della sua infanzia.
Siamo andati a bere prima di cena presso un tachi-nomi ovvero un bar senza sedie tendenzialmente, dove tutti fumano e buttano le cicche per terra. La signora che lo gestisce deve essere stata bellissima in gioventù. Un filo di trucco, capelli raccolti e modi eleganti e decisi nel tenere a bada gli avventori. Sembra essere uscita da In the Mood for love di Wong Kar Wai. insalata di patate, tre birre e verdure fermentate. Tutto sa di oriente. Ceniamo presso un ottimo piccolissimo ristorante, Sakè, birra e un distillato di patate di cui non ricordo il nome. Memorabile il tataki di barracuda. Dopo cena il mio amico deicide che non è ancora di andare a nanna e si va a bere il bicchiere (i bicchieri) della staffa, whisky senza tanti complimenti. Siamo in 6, con la barista 7. Sono tutti amichevoli e non per colpa dell’alcol. c’è una chitarra acustica, loro cantano canzoni di Osaka, io mi difendo con qualche pezzo degli U2 bella ciao e Don Raffaè. Cori da stadio senza confini. Anche la barista ha apprezzato il gemellaggio canoro.
Il giorno dopo, prima di congedarsi, il mio amico mi porta a mangiare in un Kushikatsu, che non è una parolaccia ma uno skewer standing bar, imbucato dentro un cunicolo della stazione (enorme) di Osaka. il Kushikatsu è un locale dove la gente mangia in piedi spiedini fritti di ogni sorta, imbevuti di salsa di soia e cavolo crudo anch’esso imbevuto, o meglio dire, immerso in una buonissima salsa di soia, La foto in questione ritrae appunto il locale.
Manca solo che io vi dica un’ultima cosa su Kyoto. Dopo una veloce visita, e dopo avere goduto della visione del giardino astratto Zen Ryoanji alla sera ho vissuto forse la serata più autenticamente giapponese che mi potesse capitare. prendo stanza a caso in un quartiere vicino la stazione e il caso vuole che a due passi del b&b c’è un bagno pubblico termale, una Onsen. Ora forse non tutti sanno che i giapponesi sono accaniti fruitori di Onsen, è proprio una passione nazionale. Non posso non andarci, è un’occasione ghiottissima. La signora alla cassa non parla inglese e io non parlo giapponese (non ancora), le mostro il tatuaggio ci pensa un attimo e poi fa di si con il capo. Nelle onsen è tradizione non fare entrare persone con tatuaggi perchè storicamente sempre stato simbolo di affiliazione alla yakuza. Lentamente le cose stano cambiando ma molte onsen vietano l’ingresso se ne hai uno. Ho avuto fortuna, la cassiera mi fa passare. So che un manga piuttosto celebre in Giappone narra di un architetto della Roma imperiale che viene catapultato nel futuro in una onsen del Giappone moderno. Forse per questo una volta entrato ho immaginato di essere in una delle terme della Roma imperiale ma non c’è nessuna Roma imperiale qui. Tutti sono nudi, dal nonno al bambino, e se superi l’imbarazzo iniziale l’esperienza vale la pena davvero di essere vissuta. La nudità non ha ceto sociale né razza. è qualcosa davanti alla quale si è tutti uguali.
Sayounara.